Secondo il DSM 5 (ovvero il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali redatto dall’American Psychiatric Association e giunto alla sua quinta edizione) i disturbi depressivi includono:
- Disturbo di disregolazione dell’umore dirompente: Si riferisce al quadro clinico di bambini con irritabilità persistente e frequenti episodi di discontrollo comportamentale estremo. È considerato un disturbo depressivo in quanto si è scoperto che i bambini con questa sintomatologia sviluppano tipicamente disturbi depressivi unipolari (caratterizzati solo da episodi depressivi) o d’ansia, e non disturbi bipolari (cioè disturbi caratterizzati da episodi maniacali o ipomaniacali accompagnati da episodi depressivi), quando diventano adolescenti o adulti.
- Disturbo depressivo maggiore (include l’episodio depressivo maggiore): È caratterizzato da episodi distinti, di almeno 2 settimane di durata, che comportano nette modificazioni affettive, cognitive e nelle funzioni neurovegetative, separati da remissioni inter-episodiche (ovvero tra un episodio e un altro). È possibile porre la diagnosi sulla base di un singolo episodio, nonostante nella maggior parte dei casi il disturbo sia ricorrente.
- Disturbo depressivo persistente (distimia): Il Disturbo Depressivo Persistente (distimia) è una forma di depressione più cronica, che può essere diagnosticata quando l’alterazione dell’umore ha una durata di almeno 2 anni negli adulti o 1 anno nei bambini.
- Disturbo disforico premestruale;
- Disturbo depressivo indotto da sostanze/farmaci;
- Disturbo depressivo dovuto ad altra condizione medica;
- Disturbo depressivo con altra specificazione;
- Disturbo depressivo senza specificazione.
Criteri diagnostici
Secondo il DSM 5 per poter fare diagnosi di depressione sono necessari i seguenti criteri:
A. Cinque (o più) dei seguenti sintomi sono stati contemporaneamente presenti durante un periodo di 2 settimane e rappresentano un cambiamento rispetto al precedente funzionamento; almeno uno dei sintomi è costituito da umore depresso o perdita di interesse o piacere:
- umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni, come riportato dall’individuo (per es., si sente triste, vuoto, disperato) o come osservato dagli altri (per es., appare lamentoso);
- marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte, o quasi tutte, le attività per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni (come riportato dal resoconto soggettivo o dall’osservazione);
- significativa perdita di peso, non dovuta a dieta, o aumento di peso (per es., un cambiamento superiore al 5% del peso corporeo in un mese) oppure diminuzione o aumento dell’appetito quasi tutti i giorni;
- insonnia o ipersonnia quasi tutti i giorni;
- agitazione o rallentamento psicomotori quasi tutti i giorni (osservabile dagli altri, non semplicemente sentimenti soggettivi di essere irrequieto o rallentato);
- faticabilità o mancanza di energia quasi tutti i giorni;
- sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati (che possono essere deliranti), quasi tutti i giorni (non semplicemente autoaccusa o sentimenti di colpa per il fatto di essere ammalato);
- ridotta capacità di pensare o concentrarsi, o indecisione, quasi tutti i giorni (come impressione soggettiva o osservata da altri);
- pensieri ricorrenti di morte (non solo paura di morire), ricorrente ideazione suicidaria senza un piano specifico, o un tentativo di suicidio, o un piano specifico per commettere suicidio.
B. I sintomi causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.
C. L’episodio non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza o a un’altra condizione medica generale.
Cause della depressione
La depressione si sviluppa dalla combinazione di più fattori che interagiscono tra loro e che varia da soggetto a soggetto. Tra questi ci sono:
- Fattori biologici
- Geni;
- Neurotrasmettitori;
- Ormoni.
Evidenze empiriche indicano come la tendenza a sviluppare la depressione sia una caratteristica ereditaria che coinvolge alcuni geni (come quello per il trasporto della serotonina) e come giochino un ruolo importante l’insufficiente attività di alcuni sistemi di neurotrasmettitori, la conseguente diversa funzionalità di specifiche aree cerebrali (es. quelle che regolano il sonno, l’appetito e l’umore) ed alcune modificazioni ormonali.
Per cui potrebbe essere necessario affiancare al percorso psicoterapeutico una terapia farmacologica volta proprio ad incrementare l’attività di alcuni neurotrasmettitori e a modulare le modificazioni a livello ormonale del cervello.
- Vissuti psicologici di determinati eventi scatenanti: il contenuto dei pensieri depressivi è tipicamente caratterizzato da una visione negativa di sé, del futuro e del mondo (“triade cognitiva” di Beck). Beck individuò la presenza di tre schemi cognitivi depressogeni i cui temi principali sono: la perdita, la disperazione e l’autocritica. Le persone depresse tendono ad assumersi la responsabilità degli eventi negativi che si verificano nella loro vita ma non di quelli positivi; a credere che gli altri li giudichino in maniera negativa, nonostante non ci siano elementi oggettivi che giustifichino tale attribuzione e ad avere regole inflessibili su come dovrebbero andare le cose (come se tutte le esperienze venissero classificate in categorie del tipo “bianco – nero”).
Trattamento
La terapia cognitivo – comportamentale è considerata attualmente una delle più efficaci nel trattamento della depressione. Si basa sull’uso combinato di tecniche comportamentali e cognitive: le prime vengono utilizzate soprattutto nella prima fase del percorso, al fine di promuovere l’attivazione comportamentale. Le seconde, invece, impiegate in fase più avanzata, mirano ad una “ristrutturazione cognitiva” del paziente, ovvero a produrre delle modificazioni nel suo modo di pensare disfunzionale più o meno consapevole.
Uno dei punti essenziali del trattamento è la collaborazione tra psicologo e paziente, al fine di comprendere i legami che uniscono gli aspetti cognitivi (pensieri e immagini mentali) con quelli emotivi e comportamentali, i quali, interagendo tra loro, “imprigionano” la persona in circoli viziosi che alimentano lo stato di malessere.
Nonostante non vengano trascurati gli eventi del passato, essendo esperienze che hanno favorito l’insorgere del disturbo, il focus verrà posto sulle situazioni problematiche attuali. Quanto viene appreso e discusso durante le sedute si pone come obiettivo ultimo di rendere il soggetto consapevole del proprio funzionamento mentale, così che possa imparare a gestire in modo autonomo quei fattori che generano sofferenza nelle situazioni problematiche che si troverà ad affrontare.
Dr.ssa Federica De Angelis Libero professionista, laureata in Psicologia dei Processi Cognitivi e del Recupero Funzionale e specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale presso la CRP di Roma. iscritta all’Ordine degli Psicologi della Regione Campania con il numero 4606 Leggi altri articoli dello stesso autore… |
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